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Le pensioni d’oro del governo

 

Dopo le pensioni, dopo l’articolo 18, ora il governo tecnico sceglie di attaccare la sanità e la scuola pubblica. Altro che spending review, qui Monti ha deciso di demolire lo stato sociale! La riduzione dei posti letto e il drastico taglio al Fondo sanitario nazionale significheranno la chiusura di reparti e ospedali, la privatizzazione dei servizi, il crollo della qualità e della quantità delle prestazioni offerte dal pubblico. E sul fronte dell’istruzione ancora una volta i tagli vanno a colpire università e ricerca pubblici mentre per le scuole private è previsto un aumento dei fondi di ben 200 milioni. Questo si chiama distruggere il welfare state.

(Paolo Ferrero)

da http://web.rifondazione.it/home/

 

Il Consiglio dei ministri ha varato la “spending review”, cioè l’assalto al lavoro pubblico e al welfare. Ma chi decide i tagli incassa pensioni da centinaia di migliaia di euro. A partire dal “commissario” Enrico Bondi.

di Salvatore Cannavò
(da Il Fatto quotidiano dell’1 luglio 2012)

 

Il governo, lo stesso che si appresta a sforbiciare la spesa pubblica con la spending review e che ha varato la riforma della previdenza, ha detto no all’inserimento di un tetto alle pensioni d’oro. Perché? Di pensioni a 5 stelle tra i banchi dell’esecutivo ce ne sono diverse, basta leggere le indennità di diversi ministri e sottosegretari. Un pacchetto di alti redditi che in parte aiutano a spiegare la reticenza con cui l’esecutivo ha affrontato finora il tema dei tetti agli assegni della previdenza pubblica. La lista, del resto, chiama in causa addirittura il super-commissario ai risparmi, Enrico Bondi. Ma spicca anche un sottosegretario, Gianfranco Polillo, il sospettato numero uno del rinvio della norma. Non è ancora chiaro, infatti, come sarà il provvedimento che il Consiglio dei ministri è chiamato a varare la spending review (10 miliardi di tagli quest’anno, il doppio nel 2013, per disinnescare la bomba dell’aumento del-l’Iva previsto da Berlusconi). E soprattutto non è chiaro se ci sarà o no un tetto massimo per le pensioni pagate dall’amministrazione pubblica che l’emendamento presentato dal deputato Pdl, Guido Crosetto, indicava in 6mila euro netti mensili. Quell’emendamento è stato ritirato dopo le insistenti “pressioni” da parte del governo e degli stessi colleghi di Crosetto. “Smuovi un campo troppo ampio” gli aveva detto in Commissione proprio Polillo. Il sottosegretario sa bene di cosa parla perché è titolare di una pensione di 9.541,13 euro netti al mese percepita dall’ottobre del 2006 dopo oltre 40 anni di servizio come funzionario della Camera. A pensar male, ovviamente, si dovrebbe ritenere che è la propria pensione a indurre a smussare un provvedimento tutt’altro che simbolico (consentirebbe un risparmio di 2,3 miliardi solo per il pubblico, di 15 estendendolo anche al privato). Ma questo presupporrebbe un’azione retroattiva del taglio che, a eccezione dei pensionati comuni (ai quali hanno bloccato l’adeguamento all’inflazione per gli assegni superiori ai 1.400 euro), come gli esodati, non si dà mai nella legislazione italiana. Forse si tratta invece di una mera rappresentanza di un interesse “di casta”. Se però si volesse capire chi potrebbe effettivamente essere beneficiato dal mancato tetto, ecco il nome di Elsa Fornero. Il ministro del Lavoro che in pensione ancora non ci è andata ma che gode di una lunga carriera a cui aggiunge importanti consulenze e incarichi prestigiosi. Nel 2010 ha dichiarato un reddito di 402mila euro lordi annui, per cui non è difficile prevedere per lei una pensione al limite della soglia-Crosetto. Ma quanti altri “cloni” di queste figure potrebbero essere salvati? Ancora altri esempi, magari proprio considerando l’estensione al privato: il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha dichiarato nel 2011 oltre 7 milioni di euro. Il suo collega allo Sviluppo Corrado Passera, oltre 3,5 milioni. Per non parlare di Piero Gnudi, con una dichiarazione dei redditi da 1,7 milioni. Legittimo attendersi che, quando andranno in pensione, saranno ben oltre il tetto.

Prof, generali e grand commis

Diamo ancora un’occhiata alle pensioni di chi è al governo. Il ministro Anna Maria Cancellieri dal novembre 2009 è titolare di una pensione di 6.688,70 euro netti al mese. È il frutto di una lunga carriera nell’amministrazione statale, con l’ingresso al ministero degli Interni nel 1972. Il ministro della Difesa, Ammiraglio Giampaolo Di Paola, percepisce 314.522,64 euro di “pensione provvisoria”pari a circa 20mila euro mensili. È pubblicata, inoltre, sul sito del governo quella del sottosegretario allo Sviluppo economico, Massimo Vari che percepisce 10.253,17 euro netti al mese, frutto di una lunga attività di magistrato fino a ricoprire la carica di vice-presidente emerito della Corte costituzionale. Vari è in attesa di un’altra indennità per gli anni trascorsi alla Corte dei conti europea.Così come è pubblicata la pensione di Andrea Riccardi, 81.154 euro lordo annui (circa 4mila euro al mese) frutto del lavoro di docente universitario. Impossibile da rintracciare nella dettagliatissima documentazione reddituale del presidente del Consiglio, invece, la pensione di cui è beneficiario dal novembre del 2003 pari a 3.330,11 euro netti mensili frutto dell’attività di docente universitario. Poca cosa in confronto alle vere pensioni d’oro e poca cosa, soprattutto, rispetto al reddito superiore al milione di euro dichiarato da Mario Monti nel 2011. Vale la pena di considerare, però, che quella pensione che è comunque tre volte una buona pensione di un lavoratore medio, è stata conseguita all’età di 60 anni, nonostante i tanti proclami sulla necessità di aumentare l’età pensionistica. Ma il caso che forse è destinato a brillare di più è quello del responsabile massimo della spending review, Enrico Bondi. Il “commissario tecnico”, il fustigatore degli sprechi gode di una pensione di 5.827,07 euro netti mensili. Bondi ha lavorato molto, la pensione è certamente meritata ma anche lui ne gode dal 1993 e quindi all’età di 59 anni. I casi citati rappresentano adeguatamente le categorie beneficiarie di “pensionid’oro”: alti dirigenti pubblici (Polillo, Cancellieri), super-magistrati (Vari), alti ufficiali delle Forze armate (Di Paola), docenti universitari (Riccardi e Fornero). Si tratta di una élite del pubblico impiego riscontrabile anche dall’importo medio annuo delle pensioni Inpdap: si va dai 40 mila euro annui delle Forze Armate, ai 47 mila dei docenti universitari ai 64mila dei media degli stipendi dei medici Asl, fino ai 134mila euro annui dei magistrati. Nella fascia di pensioni superiori ai 4mila euro lordi mensili ci sono 104.793 persone che si riducono all’aumento del tetto individuato (non ci sono dati per fasce superiori ai 4mila euro). I risparmi possono comunque essere molto alti. Basti pensare che l’incidenza degli stipendi dei dirigenti pubblici arriva spesso al 20% dei costi sostenuti con punte del 40% nella Sanità (o, per fare un esempio più piccolo, all’interno della Presidenza del Consiglio). Del resto, basta guardare la media degli stipendi dei dirigenti, 90.288 euro quelli di seconda fascia, 192mila euro quelli di prima fascia, per accorgersi che la loro incidenza è di almeno 5 volte lo stipendio medio dei dipendenti pubblici.

Come 30 esodati

ACQUISTANO così una certa concretezza le proiezioni dei Cobas dell’Inpdap che, sulla base della spesa pensionistica dell’Istituto, 60 miliardi nel 2011,stimano in almeno 2 miliardi e 300 milioni i risparmi annui ottenibili con un tetto pensionistico di 5mila euro al mese. Risparmi che potrebbero arrivare a 15 miliardi nel settore privato. A parziale conferma di quest’ultima stima basti prendere la pensione di uno dei più grandi dirigenti privati del settore bancario: Cesare Geronzi. L’ex dominus della finanza italiana è titolare di tre pensioni: la prima,su base retribuitiva, è di 22.307 euro netti al mese (avete letto bene, ventiduemila euro al mese); la seconda, integrativa, è di 10.465 euro netti mensili. Come se non bastasse ce n’è una terza, di “soli” 896,38 euro mensili frutto di una pensione “contributiva”. Il totale è di 33.668 euro netti mensili. Se fosse stabilito un tetto di 5 o 6mila euro, Geronzi dovrebbe rinunciare ad almeno 27mila euro. Si pagherebbero almeno 30 esodati. Un po’ meno se si ponesse a 10mila euro il tetto consentito per il cumulo degli assegni. Ma comunque un bel risparmio.

http://ilmegafonoquotidiano.globalist.it/news/le-pensioni-doro-al-governo

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